ISPIRAZIONI D’ARTISTA
3 settembre 2018
Triangolo daliniano
“Voglio che il mio museo sia come un blocco unico, un labirinto, un grande oggetto surrealista. Sarà un museo assolutamente teatrale. La gente che lo visiterà se ne andrà con la sensazione di aver fatto un sogno teatrale”
Salvator Dalì
Non ci sono parole per descrivere un’artista di questa dimensione, certo è che o lo ami, o lo odi..
ma non puoi capirlo se non hai visitato il triangolo immaginario di luoghi che raccontano l’artista, con la sua personalità fantasiosa ed eccentrica.
Dopo aver visitato Figueres (dove è nato e sepolto), Cadaqués, con la casa di Portlligat e Pùbol, dove si trova il castello medioevale regalato alla moglie, io ho deciso:
LO AMO!
Come descriverlo, forse Dalì è uno degli artisti più eccezionali e stravaganti che la storia abbia conosciuto, per rendere l’idea vi elenco le 10 stranezze su Dalì che in pochi sanno:
- Salvator Dalì credeva di essere la reincarnazione di suo fratello
- Aveva un’ossessione strana per Hitler
- Ebbe un matrimonio insolito
- Ha creato il logo per il Chupa Chups
- Avido di dollari
- Aveva uno strano rapporto con gli animali domestici
- Trovò un significato profondo nei cavolfiori
- Pubblicò un libro di ricette
- Rese milionari i suoi segretari
- Rischiò di soffocare mentre dava una conferenza vestito con una muta da sub
Teatro-Museo Dalì, qui troviamo tutte le ossessioni dell’artista-inventore paranoico, messe in scena.
Già all’esterno si notano le illusioni e le energie creative dell’artista.
Il museo teatro stupisce, diverte, coinvolge. Uno spazio singolare, dove un percorso di opere impressioniste, futuriste, cubiste, divisioniste, fauviste, si susseguono e si intrecciano fino a raggiungere il surrealismo.
Quando entri all’interno vieni subito coinvolto dai mille particolari stravaganti, ti senti rapito da una sorta di profondità del subcosciente.
Dalì ci invita, durante la nostra visita, a partecipare a un rituale, a un gioco e ci ricorda che il nostro contributo ci rende spettatori e creatori al tempo stesso.
Casa-Museo Dalì, dei tre “musei” visitati, questo è quello che mi è piaciuto maggiormente per quanto riguarda i dintorni paesaggistici, qui il tocco daliniano è decisamente più evidente e lo si nota nelle decorazioni e nella struttura di alcune stanze.
Questa casa in origine era un capanno di pescatori, che sorgeva in una piccola insenatura di Portlligat, vicino alla cittadina di Cadaquès.
Oggi non è più un capanno, ma una costruzione bianca ed accogliente, ampliata nell’arco degli anni dallo stesso Dalì, unica dimora dell’artista dove ha forgiato la sua personalità, ha scoperto il suo amore, ha dipinto le sue opere.
Trovarsi all’ingresso di Portlligat è come entrare nelle sue stesse opere.
Ogni stanza è caratterizzata da un insieme di oggetti, ricordi, souvenir che l’artista insieme alla moglie Gala raccoglieva e custodiva in maniera quasi maniacale.
Una volta entrati, il primo ambiente da visitare è l’atrio e qui vi da il benvenuto un orso!! Tranquilli da tempo imbalsamato, ma lo shock iniziale non è da poco.
Nel susseguirsi della visita, la percezione di tutti degli ambienti è un caotico insieme di tafferugli incredibilmente in “armonia” tra loro.
La pazzia e al contempo la genialità dell’artista la si percepisce in ogni angolo dell’abitazione.
Un esempio lo si può notare nello specchio con cornice nera dell’epoca, posto in posizione ottimale nella parete vicino alla finestra. Ciò permetteva a Dalì di ammirare l’alba comodamente dal suo letto vantandosi così di essere il primo spagnolo a vedere la luce del sole al mattino (Cap de Creus è il punto più orientale della Spagna).
Ovviamente non ho potuto verificare, ma una mente contorta e geniale come quella di Dalì fa pensare che fosse possibile.
La presenza di due sculture sul tetto dell’abitazione e visibili da lontano, che simbolizzano i gemelli divini di Castore e Polluce di cui Dali e Gala si sentivano la reincarnazione, evidenziano una grande cultura da parte dell’artista.
Figli di Zeus, il primo era celebre come guerriero e domatore di cavalli, il secondo era un pugile. Quando in una spedizione Castore fu ucciso, Zeus diede al fratello l’immortalità, che Pollace accettò a patto che il fratello ne fosse partecipe e che dimorassero assieme un giorno negli Inferi e un giorno presso Zeus.
Ma questa è mitologia, mentre le opere di Dalì sono vere e spero di avervi fatto venire voglia di andare personalmente sul posto.
Castello-Museo Dalì ed eccoci arrivati all’ultima visita del triangolo, ora siamo a Pubol, a pochi chilometri da Girona.
Un edificio medioevale, dove Dalì materializza un incontenibile sforzo creativo pensando ad una persona, Gala, e ad una funzione, un luogo adeguato al riposo e ideale come rifugio per la sua sposa.
Non appena entriamo nel complesso, ci troviamo in una terrazza merlata presieduta dai rosoni multicolore.
Si intuisce subito l’impostazione romantica che Salvador Dalì intende a dare a tutto l’insieme.
Una versatilità creativa, dove si capisce che non si tratta semplicemente di un’altra abitazione, non è soltanto un accumulo di oggetti, ma una costruzione in cui si è voluto dare un senso a uno spazio e in questo intento Gala è parte attiva, conferendo molteplici significati ai locali del castello, ed intervenendo persino nei lavori.
Che ne dite vi è venuta voglia di fare un giretto daliniano? Fatemi sapere e se avete bisogno di qualche informazione pratica non esitate a chiedere, sarò felice di darvi dei consigli e magari potremmo condividere le impressioni.
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